Per una volta, comincio con l'intervista in italiano. Domani sarà quella in francese. Attenzione, è un'intervista "verità" lunga e appassionante perché Jerry conosco il suo soggetto ma anche è molto franco su diversi argomenti legati al rock progressivo.
LdN : Hello Jerry
Prima di tutto, grazie per la costante qualità della tua produzione musicale. A
partire dal 2015, tutti i tuoi album usciti con il nome O.A.K., sono stati
highlights.
Jerry : Ti
ringrazio Louis e devo ammettere che nonostante io abbia formato gli O.A.K. nel
1993 (a proposito, sei ufficialmente invitato a quello che sarà l’evento
celebrativo per i 30 anni delle Oscillazioni Alchemico Kreative), è soltanto
negli ultimi dieci anni che ho trovato la mia ragion d’essere nel panorama prog
internazionale.
Volevo sapere, «The Lucid Dreaming... » è il primo capitolo di una nuova
trilogia?
Spero
di no (ride). Nei
sei anni a partire dal 2014 sino al 2020, ho impiegato tutte le mie forze nel
progetto relativo alla trilogia a cui ti riferisci. E nonostante sia successo
di tutto, intendo dire false partenze, imprevisti, equivoci, incomprensioni,
cambi di programma, cambi di formazione, astuzie, inganni, tracolli economici e
problemi tecnici, sono riuscito a portare a casa il risultato. Avevo il 90% di
probabilità di non realizzarne neanche uno dei capitoli della trilogia. Ma,
evidentemente, i personaggi narrati nei solchi dei tre album spingevano per
riemergere dagli abissi del tempo con la precisa volontà di tornare a gridare
le loro idee rivendicando le ingiustizie di cui sono stati vittime nella loro
vita. Tornando
alla tua domanda, piuttosto che il primo capitolo di una nuova trilogia,
preferisco pensare che “Lucid dreaming…” sia il quarto capitolo di una
quadrilogia.
Perché sei così affascinato da Nikola Tesla?
Nikola
Tesla è entrato a far parte della mia grande famiglia di geni sfighati
(perdant) nei quali mi riconosco; non certamente nella loro genialità…
piuttosto, nella loro sfortuna (ride).
In
Tesla ho trovato più di un’analogia con altri personaggi da me precedentemente
“investigati.” Una sorta di
reincarnazione della stessa materia spirituale. A questo aspetto aggiungerei
anche l’epilogo che accomuna i personaggi da me trattati; vale a dire la loro
triste fine. E non trovo alcuna differenza tra una morte sul rogo, un
annichilimento totale causato da tortura o un isolamento provocato da una
deliberata e premeditata indifferenza. Tesla è stato un inventore
rivoluzionario, indubbiamente uno tra i più importanti della storia della
civiltà ma, curiosamente, anche il meno presente nei libri di Storia.
3)Cosa ne pensi del marchio Tesla oggi e
del suo capo Elon Musk?
Elon
Musk è un personaggio controverso.
Quando ingenti risorse economiche finiscono per essere capitalizzate da
un pugno di magnati con un potere di acquisto illimitato, il pericolo per il
resto del pianeta è evidente. A Musk gli attribuisco uno stile cognitivo trasversale rispetto ai canoni e mi
incuriosiscono le sue visioni futuriste (Neuralink, Space X) e le sue idee
sull’ambiente (la produzione di automobili elettriche, appunto le Tesla).Ma
nonostante Musk sia uno tra i maggiori protagonisti di questo secolo, non
riesco a decifrarne la vera natura e le reali intenzioni. Temo piuttosto che si
tratti di un megalomane in perenne contraddizione, pronto a giocare con tutti
noi e con il mondo che ci appartiene. Ma non preoccuparti Louis, il mio
prossimo album non sarà dedicato a lui (ride).
Quanto ci hai messo a realizzare questo album?
Una
volta terminato l’album “Nine witches under a walnut tree,” nel 2020, ho
ripreso a scrivere il mio Rockbook “Come una volpe tesa a rubare nel cortile
delle voci.” Dopo circa sei mesi la mia concentrazione ha però deviato verso
qualcos’altro. Dopo
un primo contatto con Nikola Tesla ho riacceso i motori del Time Generator e ho effettuato
i consueti rituali di buon auspicio (ride). Ogni volta che inizio un nuovo
lavoro faccio la stessa solenne promessa; quella di realizzare il mio progetto
artistico con onestà intellettuale e spirito di abnegazione nel pieno
assolvimento del mio dovere d’artista.Per
realizzare “Lucid dreaming…?”Ci
sono voluti circa 18 mesi di ininterrotto lavoro.
Jonathan Noyce (basso) e David Jackson
ormai non li presentiamo più perché sono parte integrante della tua squadra. Com'è
nata invece la scelta di Alex Elena alla batteria che ha suonato tra l'altro
con Bruce Dickinson?
Hai
ragione. Con Jonathan e David c’è ormai un’affinità e un’intesa che fanno di
loro i miei compagni di viaggio privilegiati. Potrei scrivere dozzine di
aneddoti che li hanno visti protagonisti nelle mie recording sessions e uscite
live a partire dal 2011. Stiamo
ovviamente parlando di due top session men al servizio della musica ma a me
piace pensare che quando coinvolti in un mio progetto, loro due abbiano la
sensazione di ripetere un viaggio guidati dallo stesso menestrello
apolide/story player con nel cuore tante formule musicali.
Per
quanto riguarda Alex Elena, devo invece essere grato al giornalista/dj Max Prog
Polis che nel dicembre scorso mi invitò a seguirlo nello studio di Alex per un
intervista. Fare la conoscenza di un batterista/musicista/produttore/fotografo
di livello internazionale come lui in una città arida di iniziative artistiche
(se si escludono quelle già predefinite dalle cosche) come Roma, è stata una
vera sorpresa. Alex sarebbe rimasto “parcheggiato” nella Capitale per un breve
periodo per fare poi ritorno a Los Angeles, dove vive e lavora. Un gran colpo
di fortuna trovarmelo quindi a pochi chilometri di distanza. A differenza di quanto
accaduto con David e Jonathan per i quali ero stato costretto a spostarmi in UK
oppure a intraprendere una fitta corrispondenza via mail, potei trasferire
tutto il lavoro da me precedentemente fatto sul suo computer. Insieme
trascorremmo il periodo festivo del Natale 2021 tra strumenti vintage,
compressori, riverberi, echi analogici, plugins e pelli di tamburo. Si, e
furono proprio quest’ultime a rivelarsi il vero punto d’incontro della nostra
collaborazione. Dopo un primo
approccio in regia di produzione, Alex orientò infatti il suo talento nella
registrazione delle parti ritmiche. I tempi dispari, gli accenti
e le dinamiche presenti nelle composizioni che avevo scritto richiedevano una
grande sensibilità ma Alex è riuscito a stupirmi creando un possente scheletro
ritmico sui quattro brani in cui è stato coinvolto. Quella con lui è stata una esperienza breve
ma intensa che spero si ripeta in futuro. Tra musicisti esperti si capisce
subito quando il contributo di un membro ha dato tutto quello che poteva dare e
continuare metterebbe a repentaglio l’identità del lavoro. Proseguii quindi il
lavoro nel mio home studio portandolo a termine con l’aiuto al missaggio e alla
masterizzazione da parte di Alex Cavallo e Andrea Cutillo.
Hai scelto, ancora una volta, diverse
cantanti (in realtà 3) tra cui Dorie, la figlia di David Jackson. Sono tutte
eccellenti. Quali sono esattamente i tuoi criteri di scelta?
Se
ho la sensazione che un artista possa fare la differenza e scatenare una
cascata di stimoli creativi per arricchire un progetto, non indugio a
perseguirne il contatto. Altre volte, invece, accetto volentieri “suggerimenti.” Anche
in questo nuovo lavoro sono stato particolarmente fortunato. Le tre vocalist
hanno tutte contribuito a provocare brividi di piacere a me e agli ascoltatori.
Due di loro mi sono state “consigliate” mentre la restante è stata invece una
mia intuizione che mi ha fatto crollare in lacrime di estasi emotiva quando ho
inserito il suo file vocale nel progetto. Ma
non chiedermi chi delle tre essa sia (ride).
Nella set list, il secondo brano si chiama «Oscillation Alkemy
Kreativity». Questo significa che hai approfittato di questo album per
inserire il nome del tuo gruppo O.A.K. (Oscillazioni Alchemico Kreative) o è
stato dall'inizio della formazione, cioè dal 1993, che avevi previsto tutto
questo?
Il bassista del primo line up, Giovanni Quarta, una sera entrò in sala prove e disse: “Ho trovato il nome per la band.” Io e gli altri due della formazione ci guardammo incuriositi e chiedemmo:
“E quale sarebbe?”
“OAK.”
Ci guardammo di nuovo e aggiungemmo:
“E che significa?”
“Significa QUERCIA” rispose lui.
Quel nome ci piacque, e per un amante degli alberi come me sembrava di buon auspicio.
Quando poi mi trasferii per un periodo in Inghilterra, guardandomi intorno notai un tripudio di OAK: Royal Oak, Golden Oak, Oak farm hotel, Oak lodge, Indian Oak etc…solo per citarne alcuni (ride). Al mio ritorno a Roma rivolsi i miei dubbi agli altri componenti (che nel frattempo erano cambiati tre volte) decidendo insieme che OAK sarebbe diventato l’acronimo: Oscillazioni Alchemico Kompresse. Ma l’avventura non potè dirsi conclusa. In occasione di una serie di nostri concerti con ospite il guru della psichedelia Italiana Claudio Rocchi, lui osservò come l’aggettivo “Kompresse” lo limitasse da un punto di vista “astrale”. E come non dare ascolto ad un filosofo della hippy generation? Trascorsi notti insonni in cerca di un’idea per completare la terza parte dell’acronimo, poi finalmente si presentó alla mente “Oscillazioni Alchemico Kreative” (con la “K” tanto per rafforzarne l’idea). Con gli anni questa scelta si è rivelata sicuramente migliore delle precedenti, anche se le tre parole sono impronunziabili per un non madre lingua italiano. Nella semplificazione del linguaggio del Web poi, OAK rimane un termine super inflazionato. Giunti nel 2022, con l’alum “Lucid Dreaming…” vi è stata la mia chiara intenzione di sciogliere l’equivoco titolando la suite Oscillation Alkemy Kreativity o, se preferisci, Oscillations Alchimiques Krèatives.
Tornando al secondo titolo, «Oscillation
Alkemy Kreativity» è, fino ad
oggi, il brano dalla durata più lunga scritto da te (13 minuti 30). Questo
sequel in cinque parti fa appello ad altri in futuro?
Sto ricevendo numerosi apprezzamenti per
questa suite. Si
tratta in effetti di un concept nel concept. Un pò come giocare alle scatole
cinesi creando più dimensioni all’interno di uno stesso disco. Riguardo
invece ad eventuali altre composizioni future, devo ammettere di essere
attratto sia da uno stile ricco di eventi sonori con più frammenti che si
susseguono all’interno di uno stesso brano, sia da una modalità più sintetica
che presuppone un messaggio più conciso e di impatto. La canzone che rappresenta
l’estrema sintesi compositiva è, secondo il mio punto di vista, “God only
knows” dei Beach Boys. Ascoltandone la progressione armonica e la sua
conclusione, è indubbio come il brano si riveli esaustivo pur nella sua
apparente semplicità tanto da potersi definire una suite compressa. Un
ossimoro, ma non è forse più difficile esprimere qualcosa con poche note
piuttosto che con due facciate d’LP collegate insieme?
A livello di stile sento una netta
evoluzione con molti meno riferimenti a gruppi conosciuti (Jethro Tull per
esempio) e una volontà di proporre una musica più sinfonica e con più enfasi
(più l'album avanza, più è evidente).
Per quanto concerne lo stile
di questo ultimo album posso sintetizzarne il percorso analizzando i sapori
psichedelico acustici di “Viandanze”, gli incubi gotici di “Giordano Bruno” e
le narrazioni prog/folk di “Nine Witches… “. Per concludere questo ciclo,
accanto all’elemento sinfonico ho voluto dare un colore elettrico alla mia
musica e quindi, a chi ispirarmi se non al mago della corrente alternata? Divagando
sul tema della domanda, devo confessarti che ogni volta che sento nominare i
Jethro Tull mi intristisco. Ian Anderson si è rivelato una grande delusione e
continua a incrinare una lunga e brillante carriera con concerti patetici.
Anche altre band di rock classico sembrano essere alle prese con crisi
creative, cambi di organico radicali, cause legali e tiri mancini e tutto
questo finisce per rendermi orfano di un sogno. Un sogno di cui starei provando
a conservare i semi, sapendo bene che quanto avvenuto 50 anni fa non potrà mai
più ripetersi. È forse nostalgia? Non
saprei, so soltanto che quando sono alla guida del mio Time Generator e navigo
attraverso i secoli, sono sempre attratto anche da nuove rotte senza paura di
perdermi oltre l’orizzonte degli eventi. Non è infatti da escludere che in un
prossimo disco io possa tornare a
cavalcare onde più avanguardiste, lontane dai panorami Prog che
conosciamo.Vorrei
ora aggiungere qualcosa riguardo
all’aspetto sinfonico a cui ti riferivi nella domanda. Ebbene, la
familiarità con parti orchestrali più o meno complesse potrebbe essermi
congeniale in virtù della mia indole romantica. Nel mio background ha trovato
posto il lavoro di Tony Banks (il maggior compositore del XX secolo), del
maestro Ennio Morricone e di altri compositori provenienti dalla scuola
classica del novecento. Contaminare però le radici mitteleuropee con i più
disparati stili musicali, come per esempio le tradizioni russo asiatiche, è
sempre stata una mia fissazione. Non dimenticare Louis, che in occasione della
Prog Exhibition italiana del 2011, mi presentai ad un pubblico di
die-hard-Progheads, vestito da siberiano con a tracolla una balalaika
elettrificata (ride).
Alla fine, sono sorpreso: L’album è piuttosto breve in termini di tempo: 42
minuti.
La
soglia dell’attenzione si è abbassata notevolmente e i rituali d’ascolto che si
celebravano negli anni ’70 non hanno più storia. Questo sia tra le fila dei
Millenium che nelle nostre sfere. Gli orologi atomici hanno registrato una
variazione della rotazione terrestre e ciò significa che la terra gira più
velocemente rispetto ad anni fa. Mi domando allora: E’
forse questa la causa per cui noi umani abbiamo raddoppiato il nostro ritmo di
vita o è soltanto una questione legata al
progresso tecnologico? Con quanta concentrazione e con quale stato di
rilassamento ci abbandoniamo oggi ai suoni? Aspiriamo ad essere tutti dei
protagonisti, gridiamo per attirare l’attenzione, compiamo azioni sempre più
rapidamente per arrivare primi. Ma allora, quale sarà il bacino di utenza se la
capacita di ascolto è diminuita proporzionalmente all’incremento della morbosa
esigenza di essere sempre e comunque ascoltati? Scusami,
dopo questa premessa tornerei sulla durata dell’album. E’
evidente come una suite dalle caratteristiche come quelle della seconda traccia
avrebbe potuto avere un’estensione maggiore. Ripetendo le parti principali e
dilatando maggiormente i soundscapes si sarebbero potute riempire entrambe le
facciate. Ma c’è un aspetto di questo album che rivela la sua indiscutibile
appartenenza al XXI secolo: L’avvicendamento convulso di parte dei suoi eventi
musicali. Con rapidità e senza interruzioni o rallentamenti, questi episodi
temo che lascino l’ascoltatore disorientato ai primi ascolti. Ma dopo averne
metabolizzato i contenuti, se ne possono cogliere gli aspetti inediti e
coinvolgenti, almeno spero (ride).
Prevedi di eseguire questa opera rock dal vivo?
Con
l’aumentare della mia produzione discografica, l’asticella delle condizioni
relative alla messa su strada di eventuali spettacoli si sta alzando
sensibilmente. Ma
non mi riferisco all’aspetto economico quanto all’allestimento del palcoscenico
per presentare gli ultimi album decorosamente. Chi risponderà al richiamo? Noi
siamo pronti e per fortuna c’è del sano interesse oltralpe e oltreoceano.
Cosa ne pensi del movimento prog oggi?
Pensi di farne parte?
Ci
sono delle interessanti realtà sparse in tutto il mondo e grazie ad internet si
può entrare in contatto e c
reare nuove reti di collaborazione professionale. Quello che apprezzo in un musicista è l’originalità, l’etica professionale e la sua determinazione nel conseguire un obiettivo dopo che lo si è annunciato. È così che si ottiene credibilità. Per il resto, ho visto tanti, troppi progetti di gruppi nostrani, resi noti anticipatamente, che sono svaniti nel nulla. Al contrario, artisti che sono fuoriusciti dal magma e hanno infilato una serie di risultati utili, sono finiti con l’attirare meschine ostilità. Personalmente ho una lunga lista di musicisti, miei connazionali e non, che stimo profondamente e con i quali ho un ottimo rapporto d’amicizia. Pongo sempre in prima linea il lato umano ma il cattivo esempio proviene non dai musicisti ma dagli addetti ai lavori. E’ triste dover constatare il fatto di doversi muovere dai confini regionali per trovare maggiore visibilità e considerazione. Sono da sempre un artista fuori da logiche settarie e il mio imperativo categorico è quello di preservare l’ integrità artistica.
Può forse questo rappresentare un handicap? Non penso tuttavia di perdermi chissà quale straordinaria occasione. In Italia, e in particolare in specifiche realtà locali, si procede al rallentatore, in maniera univoca e clientelare. E questi aspetti non riguardano soltanto le poche dozzine di proposte mainstream le quali, in virtù dei miei trascorsi discografici conosco bene, ma anche realtà più esclusive come il prog. Anche quest’ultima è figlia di una rete di connivenze e ben lontana dal partorire personaggi con gli “attributi” come Tony Stratton Smith, fondatore della Charisma label, tanto per citarne uno. Riassumendo e concludendo, la fotografia della situazione, salvo rare eccezioni, è quella di una realtà affollata da dilettanti o da ipocriti pavidi ma boriosi che si credono furbi promoter ed attuano ai danni dei musicisti dei veri e propri ladrocini mascherati da business strategies. Sono loro che al grido di “conflitto di interessi non ti temo” lucrano sugli sforzi di chi fa musica, attribuendosi risultati che non gli appartengono. Ma per fortuna c’è il resto del mondo !
Fai sempre musica con caratteristiche
più commerciali accanto al tuo progetto O.A.K. (per la televisione per
esempio), oppure oggi O.A.K. è il tuo progetto esclusivo?
Diritti
d’autore e royalties maturate in passato mi aiutano a programmare obiettivi sia
discografici che di spettacolo. È curioso come un successo commerciale come
quello da me sperimentato alla fine degli anni ’80 possa rivelarsi utile alla
mia scelta di suonare oggi soltanto ciò che voglio. Ultimamente gli impegni
O.A.K. sono aumentati in maniera esponenziale e ciò nonostante il rallentamento
delle attività live. Sono attualmente concentrato su nuove alchimie di
espressione artistica e le attuali formule di comunicazione allargano
notevolmente il raggio d’azione. E
come la mia vita artistica è stata stravolta positivamente dall’avvento di
internet, dei social e del software LogicX, così il miracolo potrebbe ripetersi
con ulteriori scoperte tecnologiche che permetterebbero ai creativi di
realizzare grandi opere in piena autonomia e con pochi risparmi.
Qual è il tuo desiderio più grande per
gli anni a venire?
Contribuire
a compiere una transizione ecologica che possa salvare noi e il pianeta ponendo
le basi per secoli di prosperità.
E
ricorda Louis: UNA canzone non può cambiare il mondo; ma DUE forse, si !
Merci mon ami et félicitations pour ton nouveau livre sur Patrick Djivas (in francese !).