samedi 25 septembre 2021

Arthuan Rebis : Sacred Woods (recensione in italiano)

 
Arthuan Rebis è lo pseudonimo di Alessandro Arturo Cucurnia. Polistrumentista, suona diversi tipi di arpa, ma anche chitarra classica, bouzouki, cornamusa, flauto, tastiere, percussioni e tutta una serie di strumenti esotici. È un compositore, ingegnere del suono, concertista internazionale e naturalmente un musicista freelance che crea le sue opere. Fa parte di progetti come IN VINO VERITAS, Antiqua Lunae e The Magic Door, ogni volta con la stessa propensione ad offrire uno spettro musicale molto aperto. L'universo musicale di Arthuan Rebis è composto da una moltitudine di influenze provenienti dall'Oriente come dall'Occidente: musica medievale, tradizionale, barocca, pagana, folk, new age, celtica. Le scale utilizzate provengono dall'India, dalla Mongolia, dalla Cina, dalla regione mediterranea e dal folklore nordico e celtico. Questo melting pot musicale sembra improbabile eppure funziona per la semplice ragione che Arthuan Rebis padroneggia la sua arte al livello di Alan Stivell. Se cito Stivell è perché questi due musicisti hanno un approccio artistico molto vicino e hanno in comune questa apertura mentale unica verso le diverse culture musicali del mondo con questa volontà di proporre un'assimilazione fedele, mai distorta o snaturata. Ecco perché non parlo di World Music! È essenziale sottolineare che tra i grandi strumentisti presenti al fianco di Arthuan Rebis, troviamo Vincenzo Zitello, l'arpista italiano di fama mondiale che ha imparato direttamente da Alan Stivell. Vincenzo Zitello accompagna Arthuan Rebis in tutti i suoi progetti. E conoscendo il rigore di Zitello questo è davvero un riconoscimento tra due grandi musicisti che suonano nella stessa corte.
Sembra essere un luogo comune dire che ascoltare Sacred Woods è un cambio di scenario. Tuttavia, questo è davvero il caso e, soprattutto, è uno dei punti di forza di questo album che sposta costantemente i paradigmi e fa viaggiare l'ascoltatore da un universo all'altro senza mai sentire una pausa. Al contrario, sembra esserci un filo invisibile che collega le nove tracce. L'impercettibile è un elemento essenziale del tutto.
Arthuan Rebis è molto più di un artista proteiforme, è uno di quei rari musicisti alchimisti, creatori di opere uniche e preziose che costituiscono anelli indispensabili nel genoma musicale universale. Sacred Woods è ovviamente un'illustrazione perfetta di questo.
 
I musicisti: Arthuan Rebis (voce, arpa celtica, chitarre, basso, esraj, bawu, gaita, flauti irlandesi, percussioni, synth), Nicola Caleo bodhràn, percussioni, piatti), Ysmail Emanuele Milletti (basso fretless), Vincenzo Zitello (arpa bardica, fujara, santoor), Giada Colagrande (voce), Mia Guldhammer (voce), Gabriele Gasparotti (synths), Glen Velez (bodhràn), Federico Sanesi (tablas), Paolo Tofani (narratore)
 
La tracklist :
Albero sacro
Driade
Kernunnos
Runar
Elbereth
come foglie sospese
Fairy Dance
Danzatrice del cielo
Diana
 
Come complemento a Sacred Woods, non sarebbe di troppo raccomandarvi anche La Primavera del Piccolo Popolo, un album molto celtico del 2020. Potete trovarlo sul bandcamp di Arthuan Rebis (https://arthuanrebis.bandcamp.com/)

vendredi 24 septembre 2021

Arthuan Rebis : Sacred Woods

 

 
Arthuan Rebis est le pseudonyme d'Alessandro Arturo Cucurnia. Musicien poly-instrumentiste, il joue de plusieurs sortes de harpes mais aussi de la guitare classique, du bouzouki, de la cornemuse, de la flûte, des claviers, des percussions et encore de toute une palanquée d'instruments exotiques. Il cumule les rôles de compositeur, d'ingénieur du son, de concertiste de niveau international et bien sûr de musicien indépendant créant ses propres œuvres. Il est ainsi partie prenante des projets In Vino Veritas, Antiqua Lunae ou encore The Magic Door avec à chaque fois cette même propension à proposer un spectre musical très ouvert. L'univers musical d'Arthuan Rebis est composé d'une multitude d'influences venant aussi bien d'orient que d'occident : musique médiévale, traditionnelle, baroque, pagan, folk, new age, celtique. Les gammes utilisées proviennent aussi bien d'Inde, que de Mongolie, de Chine, du pourtour méditerranéen ou encore des folklores nordiques et celtiques. Ce melting pot musical semble improbable et pourtant il fonctionne pour la bonne et simple raison qu'Arthuan Rebis maîtrise son art à la hauteur d'un Alan Stivell. Si je cite Stivell, c'est que ces deux musiciens ont une démarche artistique très proche l'une de l'autre et ont en commun cette ouverture d'esprit unique sur les différentes cultures musicales du monde avec cette volonté d'en proposer une assimilation fidèle, jamais déformée ou dénaturée. Voilà pourquoi, je ne parle pas de world music !  Il est d'ailleurs essentiel de souligner que parmi les grands instrumentistes présents aux côtés d'Arthuan Rebis, on trouve Vincenzo Zitello, le harpiste italien mondialement connu qui a longtemps appris avec Alan Stivell. Vincenzo Zitello accompagne Arthuan Rebis dans tous ses projets. Et quand on connaît la rigueur de Zitello, il s'agit bien là d'une reconnaissance entre deux grands musiciens qui jouent dans la même cour. 
Cela semble un lieu commun d'affirmer que le dépaysement est garanti à l'écoute de Sacred Woods. C'est pourtant bien le cas et surtout c'est une force de cet album que de changer en permanence de paradigme et de faire voyager ainsi l'auditeur d'un univers à un autre sans jamais qu'il ressente de rupture. Bien au contraire, il semble exister un fil invisible qui relie les neuf pistes entre elles. L’imperceptible s'impose ici comme un élément essentiel du tout.
Arthuan Rebis est bien plus qu'un artiste protéiforme, il fait partie de ces rares musiciens alchimistes, créateurs d’œuvres uniques et précieuses constituant autant de maillons indispensables du génome musical universel. Sacred Woods en est évidemment une illustration parfaite.
 
Les musiciens : Arthuan Rebis (chant, harpe celtique, guitares,  basse, esraj, bawu, gaita, flûtes irlandaises, percussions, synthés), Nicola Caleo Timer Shine (bodhràn, percussions, cymbales), Emanele Ysmail Miletti (basse fretless), Vincenzo Zitello (harpe bardique, fujara, santoor), Giada Colagrande (chant), Mia Guldhammer (chant), Gabriele Gasparotti (synthés), Glen Velez (bodhràn), Federico Sanesi (tablas), Paolo Tofani (narrateur)

La tracklist :
  1. Albero sacro
  2. Driade
  3. Kernunnos
  4. Runar
  5. Elbereth
  6. come foglie sospese
  7. Fairy dance
  8. Danza trice del cielo
  9. Diana

En complément de Sacred Woods, je ne saurai trop vous recommander l'album de 2020 La Primavera del Piccolo Popolo très orienté musique celtique. Vous pouvez le trouver sur le bandcamp d'Arthuan Rebis

dimanche 19 septembre 2021

The Trip : Caronte 50 Years Later (recensione in italiano)

Per comprendere appieno cosa sia realmente questo album e cosa rappresenti, dobbiamo tornare indietro di qualche anno. Dopo il concerto dei The Trip nel 2012 ad Alassio in omaggio ai due scomparsi del gruppo, Wegg Arvid Andersen e Billy Gray, il tastierista e frontman dei The Trip, Joe Vescovi, ha dato il soprannome di "Caronte" a Pino Sinnone, il primo batterista del gruppo.
Qualche tempo dopo, sentendo avvicinarsi la fine, le fece promettere di continuare a dare vita alla musica di The Trip. Joe Vescovi purtroppo è partito il 28 novembre 2014 ed è stata una grande perdita per il prog italiano. Pino si mise allora all'opera con coraggio quando aveva già settantatré anni. Ha creato una prima formazione nel 2015, The New Trip. poi dopo alcune prove ed errori e diversi tentativi, è finalmente arrivato a quello che considerava il gruppo di musicisti giusto per mantenere la sua promessa: garantire una serie di concerti di supporto e registrare un album di cover dei The Trip. Fatto. Caronte 50 anni dopo è stato rilasciato il 14 luglio 2021.
Vuoi il verdetto adesso? Ve lo regalo: Pino è riuscito nella sua missione oltre le aspettative. Questo disco è un miracolo. Non credo che ci sia compiacimento lì dentro. Conosco a memoria tutti i brani di The Trip, ascoltati centinaia di volte. Ho visto e sentito il gruppo sul palco in varie configurazioni e posso dirvi che anche senza Joe, senza Billy, senza Wegg, questa formazione vale mille volte meglio di un semplice qualificatore di tribute band o quant'altro dispregiativo. . Come mai ? Perché al di là dell'esecuzione tecnica (torneremo su questo), l'anima di The Trip è presente in questo disco come sul palco, l'ultimo concerto fino ad oggi al festival 2 Days Prog + 1 essendo stato sotto questo aspetto un grande momento. Quando The Trip attacca "Caronte" in concerto, ci sono almeno due persone che sentono l'elettricità attraversare tutto il loro corpo, Marina Montobbio e il sottoscritto. E durante la performance del 4 settembre, ha funzionato davvero bene!
Pino si è circondato di un gruppo di giovani musicisti che fanno molto meglio che essere irreprensibili, incarnano davvero The Trip oggi. Carmine Capasso, lo conoscevamo già. Nessun problema. Da diversi anni è anche collaboratore abituale dei Samurai of Prog. Ranfa alla voce, era più che ovvio. Questo è il massimo per questo lavoro. Ma gli altri due membri reclutati da Pino sono tutte perle, a cominciare da Andrea D'Avino che non ha un ruolo facilissimo (in sostituzione di Joe Vescovi alle tastiere!) eppure è francamente stupendo all'organo Hammond. . Infine Tony Alemanno è una grande scoperta, un bassista solido ed efficiente che ha capito il modo di suonare di Wegg.
Va detto e affermato, questo album è intelligente e ben fatto. Riprende i brani di Caronte (l'album del 1971) in ordine e in perfetta esecuzione, con nervi, muscoli e cuore. Ma include anche un brano composto appositamente per l'occasione da Carmine Capasso. Questo titolo, "Acheronte", costituisce un'introduzione perfettamente in linea con il resto. Alla fine dell'album, Pino decise di aggiungere l'enorme, mostruosa "Una Pietra Colorata", tratta dal primissimo disco del gruppo, e "Fantasia", brano ascoltato solo nel film Avventura a Montecarlo che ben meritava. . In queste ultime due tracce è Kri, il figlio di Pino, a guidare una forma di passaggio di consegne andata in scena anche durante il concerto di Revislate, Pino che fa per l'occasione un discorso carico di emozioni.
Al di là dell'evidente successo di questo progetto, spero che le persone scoprano nel 2021, attraverso questo album, le tante pepite che The Trip ha suonato cinquant'anni fa! Sarebbe ancora più bello del sogno di Joe Vescovi.
Per finire: un pensiero profondo per Joe e due parole per Pino: Bravo & Grazie!.
 
La tracklist:
 
1. Acheronte (Capasso)
2. Caronte I (Vescovi)
3. Due fratelli (Vescovi-Gray)
4. La piccola Janie (Vescovi-Grigio)
5. The Ultima Ora e Ode a Jimi Hendrix (Vescovi-Gray)
6. Caronte II (Vescovi)
7. Una Pietra Colorata (Vescovi-Sinnone)
8. Fantasia (Vescovi-Sinnone)
 
Il gruppo: Andrea Ranfa (voce solista), Carmine Capasso (chitarre, sitar, theremin, programmazione, voce), Andrea "Dave" D'Avino (organo Hammond, pianoforte, cori), Tony Alemanno (basso, cori), Pino Sinnone (batteria) + Kri Sinnone (batteria su 7 e 8)

samedi 18 septembre 2021

The Trip : Caronte 50 Years Later

Pour bien comprendre ce qu'est réellement cet album et ce qu'il représente, il faut revenir quelques années en arrière. Après le concert de The Trip en 2012 à Alassio en hommage aux deux disparus du groupe, Wegg Arvid Andersen et Billy Gray, le claviériste et leader de The Trip, Joe Vescovi, a donné le surnom de "Caronte" à Pino Sinnone, le premier batteur du groupe.

 

Quelques temps après, sentant la fin approcher, il lui a fait promettre de continuer à faire vivre la musique de The Trip. Joe Vescovi est hélas parti le 28 novembre 2014 et çà a été une immense perte pour le prog italien. Pino s'est alors courageusement attelé à la tâche alors qu'il avait déjà soixante treize ans. Il a monté une première formation en 2015, The New Trip. puis après quelques tâtonnements et plusieurs essais, il est enfin arrivé à ce qu'il a considéré comme étant le bon groupe de musiciens pour aller jusqu'au bout de sa promesse : assurer une série de concerts supports et enregistrer un album de covers de The Trip. Voilà qui est fait. Caronte 50 Years Later est sorti le 14 juillet 2021. 

Vous voulez le verdict maintenant ? je vous le donne : Pino a réussi sa mission au delà des espérances. Cet album est un miracle. Ne croyez pas qu'il y ait de la complaisance là dedans. Je connais par cœur tous les morceaux de The Trip, écoutés des centaines de fois. J'ai vu et entendu le groupe sur scène dans diverses configurations et je peux vous dire que même sans Joe, sans Billy, sans Wegg, cette formation vaut mille fois mieux qu'un simple qualificatif de tribute band ou je ne sais quoi de désobligeant. Pourquoi ? Parce que au delà de l'exécution technique (on va y revenir), l'âme de The Trip est présente dans ce disque comme sur scène, le dernier concert en date au festival 2 Days Prog + 1 ayant été à cet égard un grand moment. Quand The Trip attaque "Caronte" en concert, il y a au moins deux personnes qui sentent l'électricité passer dans tout leur corps, Marina Montobbio et votre serviteur. Et lors de la performance du 4 septembre, çà a marché à fond !

Pino s'est donc entouré d'une bande de jeunes musiciens qui font bien mieux qu'être irréprochables, ils incarnent vraiment The Trip aujourd'hui. Carmine Capasso, on le connaissait déjà. Pas de souci.  Il est d'ailleurs devenu un collaborateur régulier des Samurai of Prog depuis plusieurs années. Ranfa au chant, c'était plus qu'une évidence. C'est le meilleur pour occuper ce poste. Mais les deux autres membres recrutés par Pino sont tous des perles, à commencer par Andrea D'Avino qui n'a pas le rôle le plus facile (remplacer Joe Vescovi aux claviers !) et pourtant, il est franchement bluffant à l'orgue Hammond. Enfin Tony Alemanno est une belle découverte, un bassiste solide et efficace qui a compris le jeu de Wegg.

Il faut le dire et l'affirmer, cet album est malin et bien fait. Il reprend les titres de Caronte (l'album de 1971) dans l'ordre et dans une exécution parfaite, avec du nerf, du muscle et du cœur. Mais il comprend en plus un morceau composé spécialement pour l'occasion par Carmine Capasso. Ce titre, "Acheronte", constitue une entrée en matière parfaitement raccord avec la suite. En fin d'album, Pino a a décidé d'ajouter l'énorme, le monstrueux "Una Pietra Colorata", tiré du tout premier disque du groupe, et "Fantasia", un morceau uniquement entendu dans le film Avventura a Montecarlo qui méritait bien cette exhumation. Sur ces deux dernières pistes, c'est Kri, le fils de Pino qui est aux baguettes dans une forme de passation de témoin qui a également été mise en scène lors du concert de Revislate, Pino faisant pour l'occasion un discours plein d 'émotions.   

Au delà de la réussite évidente de ce projet, j'espère que des personnes vont découvrir en 2021, à travers cet  album, les nombreuses pépites que jouaient The Trip il y a déjà cinquante ans ! Ce serait encore plus beau que le rêve de Joe Vescovi.

Pour finir : une pensée profonde pour Joe et deux mots pour Pino : Bravo & Grazie !. 

La tracklist :
1. Acheronte (Capasso)
2. Caronte I (Vescovi)
3. Two Brothers (Vescovi-Gray)
4. Little Janie (Vescovi-Gray)
5. L'Ultima Ora e Ode a Jimi Hendrix (Vescovi-Gray)
6. Caronte II (Vescovi)
7. Una Pietra Colorata (Vescovi-Sinnone)
8. Fantasia (Vescovi-Sinnone)

Le groupe : Andrea Ranfa (chant lead), Carmine Capasso (guitares, sitar, theremin, programmation, chant), Andrea "Dave" D'Avino (orgue Hammond, piano, choeurs), Tony Alemanno (basse, chœurs), Pino Sinnone (batterie) + Kri Sinnone (batterie sur 7 et 8)


jeudi 16 septembre 2021

Hunka Munka : Foreste Interstellari

Certains se souviennent encore de l'étonnante couverture du LP de Hunka Munka en 1972 présentant une nature morte au goût douteux : une lunette de WC de laquelle émergeait une main tenant quelques fleurs. Le titre de l'album, Dedicato A Giovanna G., ne laissait aucun doute sur l'intention poétique de son auteur !

Cinquante ans plus tard, Roberto Carlotto redonne vie à Hunka Munka pour un dernier tour de piste. L'album intitulé Foreste Interstellari fait un peu moins de cinquante minutes. Et cette fois, Roberto est entouré d'un vrai groupe avec notamment trois membres de la formation de power metal symphonique, Solisia, qui constituent la colonne vertébrale du groupe accompagnant (basse, batterie, guitare électrique). Mais le personnage principal présent aux côtés de Carlotto est Joey Mauro. On peut d'ailleurs se demander si ce projet est vraiment celui de Roberto Carlotto et pas plutôt celui de Joey Mauro. En effet, ce dernier a co-écrit six titres avec Roberto et en a composé trois, seul. Il a produit l'album, en a assuré toute la partie artwork et a bien sûr joué des claviers, notamment toutes les parties des arrangements orchestraux. Joey Mauro est réputé pour être un grand claviériste expert es synthés minimoog, mellotron et autre orgue Hammond, un vrai amoureux des claviers antiques qu'il collectionne et répare quand l'usure de l'âge se fait sentir. Mais Joey Mauro a aussi eu sa période dance-music et italo-disco, ce qui peut interpeller, même si sa collaboration avec Carlotto ne date pas d'hier. Ils travaillent ensemble depuis une vingtaine d'années et partagent leur passion commune pour tout ce qui se rapporte aux objets électrifiés dotés de touches noires et blanches.

Ceci étant, l'écoute de cet album nous rassure assez vite sur les bonnes intentions des deux acolytes même si le contenu musical est à des années lumières de la pop à la mode Beatles de Dedicato A Giovanna G. De fait Hunka Munka a pris du muscle. Si le tempo martial de l'opener "La Dama della Foresta" surprend, il permet surtout de couper court avec le passé. Foreste Interstellari est un album différent de son lointain prédécesseur et aligne toute une collection de morceaux hard prog à l'ancienne réalisés avec une évidente volonté de produire des timbres vintage marqués ("La Dama della Foresta" donc mais aussi, "Brucerai" "Idee Maledette", " I Cancelli di Andromeda "). La production du disque, très homogène, a clairement été pensée dans cet esprit old school. On comprend alors que Carlotto et Mauro ont construit cet album comme une cathédrale avec l'idée d'y faire résonner leurs claviers rétros sans se fixer aucune limite dans la démesure. Même si le morceau "Foreste Interstellari" est un peu à part d'abord du fait de sa longueur mais aussi de par sa dimension prog symphonique, le ton général reste le même et fait quand même beaucoup penser à L'Uovo di Colombo, simple coïncidence ou lointaine influence ? Entre ces brûlots, les quelques petits divertissements que sont "La Solitudini delle Stelle", "L'uomo dei Trenini" et "La Stanza dei Bottoni" viennent égayer le tout. Enfin, toujours au rayon des douceurs, "Amanti Come Noi" nous ramène à une pop typiquement italienne à la New Trolls, également proche de Dik Dik, groupe dans lequel Roberto Carlotto avait trouvé refuge après Hunka Munka. 

Cette renaissance de Hunka Munka a évidemment quelque chose de surprenant car on croyait Roberto Carlotto beaucoup plus intéressé, depuis longtemps, par les voitures de collection. Mais franchement on est content de le retrouver en si bonne compagnie. Il faut croire que Joey Mauro a su être convaincant et c'est tant mieux. Alors, au final, même si cet album est plus tourné vers le passé que vers l'avenir, il permet de passer un sacré bon moment.

Les musiciens : Roberto Carlotto (chant, claviers) et Joey Mauro (claviers) accompagnés de Gianluca Quinto (guitares), Andrea Arcangeli (basse), Andreas Eckert (basse), Marcantonio Quinto (batterie, percussions), Alice Castagnoli (chant, chœurs), Tony Minerba (chant).



La tracklist :

1. La Dama della Foresta
2. Brucerai
3. La Solitudini delle Stelle
4. Idee Maledette
5. L'Uomo dei Trenini
6. I Cancelli di Andromeda
7. Foreste Interstellari
8. Amanti Come Noi

9. La Stanza dei Bottoni


Label : Black Widow Records


lundi 13 septembre 2021

Alias : The Second Sun

Alias est une groupe napolitain. C'est déjà un bon présage. Mais la formation comprend surtout une brochette de musiciens à la technique époustouflante avec notamment le batteur Fredi Malfi associé depuis plusieurs années à un autre grand groupe de Naples, le mythique Napoli Centrale de James Senese.  Le reste d'Alias se compose de Romilda Boccheti au chant et au claviers, d'Ezio Felaco à la basse et de Giovanni Guarreri à la guitare classique, tous trois membres fondateurs d'un autre groupe, l'Orchestra Multietnica Mediterranea. Et c'est sans doute là que se trouve la clé de compréhension de la musique que propose Alias. Car si Alias est un projet différent, il s'inspire sans aucun doute possible des travaux réalisés par l'Orchestra Multietnica Mediterranea avec toutefois une forme et un habillage différents, nous allons y revenir car les membres d'Alias nous réservent quelques surprises en la matière. En effet, selon le groupe, Alias propose une musique world-prog. Pourtant à l'écoute de cet album, cette définition paraît beaucoup trop restrictive. Dès le premier morceau "Red Six", une évidence s'impose : ces quatre musiciens  sont d'un calibre peu commun. Avec le renfort de Max Fuschetto au haubois (un des tous meilleurs actuellement dans sa spécialité), ils proposent un premier instrumental de haut vol, juste rehaussé des vocalises de Romilda Boccheti. Juste derrière, "Pitch Black" est la première des surprises annoncées. Imaginez un groupe de rock des sixties qui se lancerait dans une longue cavalcade intégrant au fur et à mesure tout ce qui lui passe par la tête, des tempos binaires accélérés, du jazz rock fou mais aussi des touches de musique électronique, le tout malaxé, secoué mais au final parfaitement maîtrisé, avec au milieu le chant de Romilda Bochetti qui s'impose d'emblée comme une grande voix jazzy. "Pitch Black" est un morceau addictif comme on en rencontre pas souvent avec ce niveau d'exécution. Le contraste est assez saisissant avec le très calme "Mediterraneo Prog", durant lequel le piano et la guitare classique déroulent un long ruban onirique tout juste interrompu par un intermède jazzy qui, outre un changement de tempo, propose une nouvelle performance vocale de Romilda Bochetti. A ce moment du disque, vous savez que vous irez jusqu'à la fin car à l'évidence il se passe quelque chose de réellement passionnant et que vous êtes en face d'une musique supérieurement intelligente. "Around the Universe" va à nouveau vous charmer avec sa rythmique de bossa qui revient régulièrement à plusieurs reprises. Morceau cool s'il en est, il n'en est pas moins truffé de changement de rythmes (avec quelques mesures impaires corsées) qui en font un joyau à plusieurs facettes. La ligne mélodique est ici chantée, soyeuse, presque amicale, elle attire irrésistiblement l’auditeur. L'instrumental  acoustique "Danza dei due Mondi" centré sur la guitare classique  de Giovanni Guarreri évoque rapidement une performance soliste de Franco Mussida, d'ailleurs le morceau prend au bout de trois minutes la forme d'une tarentelle, la partie mélodique étant jouée au synthé,  et il est alors évident que la PFM de "E festa" n'est plus très loin avec le même résultat exaltant à l'arrivée. Avec "The Second Sun" le groupe réussit, à la fois, à changer à nouveau radicalement d'ambiance et à nous étonner. Car ce que l'on entend ici n'est ni plus ni moins qu'une reprise du thème mélodique de "Stairway to Heaven" dans une adaptation toute en nuances aussi fascinante par la qualité des parties vocales (Romilda assure le chant et les chœurs) que par la longue digression centrale qui va vous emmener très loin et même beaucoup plus loin que vous l'imaginiez. Tendez l'oreille car il y a ici et là de courtes citations à ne pas rater (un indice pour vous aider, le King Crimson de "Cat Food"). Cette partie instrumentale est un modèle du genre, une des plus belles que j'ai jamais entendu. D'ailleurs tout le morceau est fascinant. Et quand je parle de pouvoir de fascination, que dire de "Samsara". la plongée dans le folklore méditerranéen est ici intense. La voix de Romilda Bochetti, puissante et enjôleuse, survole tout le morceau dont la dernière note volontairement placée en suspension laisse l'auditeur coi dans une forme de sidération. 

Avec The Second Sun, les musiciens d'Alias réussissent à captiver l'auditeur autant par une approche décalée de ce qu'ils appellent le world-prog que par des compositions qui présentent toutes un côté addictif voire carrément jouissif. Certes la couleur est affichée dès le départ : proposer une musique d'essence ethnique unissant le folklore principalement méditerranéen, le jazz, la musique classique et le rock. Mais ce qui compte ici, c'est le résultat dont on ne se lasse pas pour une bonne raison, c'est qu'il s'agit d'une musique à la fois inspirée et surtout à caractère universelle. Sa force est dans ces deux propriétés que l'on rencontre finalement assez rarement aujourd'hui y compris dans le rock progressif ! Vous aurez aussi remarqué qu'il n'y a pas de guitare électrique sur cet album.

On peut être à la fois dithyrambique et objectif. Je pense que c'est ce le cas pour ce superbe album, en marge du prog, on est d'accord. Décidément Naples nous offre toujours de belles surprises.      


La tracklist :

  1. Red Six
  2. Pitch Black
  3. Mediterraneo Prog
  4. Around the Universe
  5. Danza dei due Mondi
  6. The Second Sun
  7. Samsara

The Second Sun est un album autoproduit, je vous donc ici le lien bandcamp du groupe Alias

dimanche 12 septembre 2021

Gruppo Autonomo Suonatori : Omnia Sunt Communia

De temps en temps, il sort de ma pile de disques à écouter une très belle surprise. Croyez le ou non, ce n'est pas si fréquent. Une belle surprise c'est par exemple Omnia Sunt Communia l'album de la formation originaire de la Spezia, Gruppo Autonomo Suonatori (G.A.S.). Que ce groupe ait attendu son tour depuis 1997, année de sa création, pour avoir enfin la possibilité de publier un enregistrement réalisé il y a trois ans, en 2018, est évidemment un petit miracle que l'on doit au label de Gênes, Black Widow. Merci Massimo, merci Pino. Si je vous parle de belle surprise et de petit miracle, c'est qu'il y a dans cet album de quoi réjouir tout fan de prog italien nostalgique des beautés ayant émergé durant les seventies. D'ailleurs les sonorités et les timbres adoptés par les musiciens vous évoqueront des groupes aussi attachants que Delirium et plus récemment Panther & Co., Il Cerchio d'Oro et même Spettri pour le côté plus hard prog (les parties de claviers et plus particulièrement d'orgue Hammond sur "Beatrice part II" par exemple), bizarrement toutes des formations de la région génoise. Il y a sans doute une bonne raison à cela qui tient à une tradition musicale qui se perpétue au gré des échanges entre musiciens. Car depuis sa création Gruppo Autonomo Suonatori est un groupe qui se produit régulièrement sur scène et qui accueille à l'occasion des grands noms du prog comme cela est déjà arrivé avec Lino Vairetti (Osanna), Tony Pagliuca (Le Orme), Ettore Vigo et Martin Grice (Delirium) ou encore Nunzio Fava (Osage Tribe). Bien sûr d'autres réminiscences plus ou moins appuyées vous viendront automatiquement à l'esprit comme pour la première partie de "La Regina qu'il est difficile de ne pas associer au Le Orme d'Aldo Tagliapietra. De manière plus diffuse mais quand même, "Omnia Sunt Communia" peut être pris comme un hommage à l'Opera Prima de Rustischelli & Bordini. Enfin, G.A.S. se distingue par des incises régulières de musique médiévale ("Préludio I", "Préludio II") et moyen-orientale ("Il sacco di Bisanzio", l'intro de "Beatrice") qui sont autant de petits bijoux disséminés sur tout l’album.

Avec Omnia Sunt Communia non seulement vous allez replonger dans ce prog italien vintage qui n'a pas d'équivalent ailleurs mais en plus vous allez vous gaver de longs passages instrumentaux fleurant bon les sonorités analogiques d'une époque hélas révolue ("Alice Spring", "La Regina - il sogno", "Il richiamo della Sirena"). Rien ne manquera à votre bonheur, les vents (flûte traversière et saxophone) étant également de la partie. Surtout ne commencez pas par le titre de fin "Omnia Sunt Communia". Ecoutez cet album dans l'ordre des pistes, vous sentirez le plaisir monter progressivement (!) et un sentiment de légitime béatitude vous envahira. De plus, "Omnia Sunt Communia" est un morceau qui se mérite.

Cette revue d'album a une tonalité évidemment très nostalgique mais les seuls responsables sont ces musiciens qui font ici aussi bien que leurs illustres prédécesseurs dans un anonymat total auquel je ne m'habituerai jamais quand il s'agit de productions aussi belles. Pour toutes ces bonnes raisons, amis du prog italien old school, foncez sur cet album. 50 minutes de bonheur vous attendent.

Le groupe : Claudio Barone (chant, basse mandoline), Andrea Imparato (saxophone, flûte), Simone Galleni (guitare, basse), Valter Bono (batterie), Thomas Cozzani (claviers, synthés), Andrea Foce (piano, flûte). Invité spécial : Andrea Cozzani (basse).

La tracklist :

  1. Alice Spring
  2. La Regina : (a) Il sogno, (b) La Regina
  3. Preludio I
  4. Preludio II
  5. Il sacco di Bisanzio
  6. Beatrice : (a) intro,(b) Beatrice, (c) Beatrice pt II
  7. Il richiamo della Sirena
  8. Omnia Sunt Communia

Disponible en CD et LP chez Black Widow Records

vendredi 10 septembre 2021

Ballard : chant of Posidonia

 Ballard is back avec "Chant of Posidonia"

Le projet BALLARD se poursuit avec deux dates à retenir. La sortie le 16 septembre du single "Chant of Posidonia", puis le 16 octobre, la mise en ligne sur la chaîne Youtube de l'artiste du clip vidéo de sensibilisation contre la pollution des mers .

Après les deux premiers morceaux publiés, "Changes" et  "Too Soon feat. Derek Sherinian ", voici donc "Chant of Posidonia", le troisième single du projet de rock progressif instrumental mené par le guitariste compositeur Paolo Ballardini alias BALLARD.

Il s'agit cette fois d'une pièce visionnaire, un hommage au monde sous-marin et une sorte d'hymne contre la pollution des mers que BALLARD décrit ainsi : "C'est une histoire imaginative qui voit les bancs de Posidonie exprimer à leur manière leur protestation contre la négligence de l'homme envers le monde sous-marin".